Limonaia grande, Giardino di Boboli, Firenze, 25 giugno – 24 agosto 2013.

Mostra a cura di Sergio Risaliti, promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze

Una serie di lavori pensati specificamente per lo spazio della Limonaia grande e per il giardino di rose e limoni antistante il settecentesco edificio, disegnato dall’architetto Zanobi del Rosso nel 1778 circa, su commissione di Pietro Leopoldo di Lorena All’interno della Limonaia – un unico ambiente di 106 metri di lunghezza, si trovano sculture, installazioni di luce e suono, oltre a un grande disegno di 90 metri, che rappresenta i Sette dormienti nella grotta come vuole la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. Quella dei Sette dormienti è una storia favolosa di cui si trova testimonianza anche nel Corano.

L’opera è realizzata con una sequenza di circa 500 segni appesi al soffitto, fatti di stoffa, gesso, pigmento rosso e foglia d’oro. Il pubblico potrà scoprire anche il Cane di Hermes, una scultura a terra realizzata sovrapponendo tra loro elementi geometrici, in modo da ricavarne la sagoma di un muso di cane. Due grandi parabole (Janua Coeli) specchianti in bronzo e rame, poste ai lati estremi dello Stanzone, rifletteranno lo spazio all’interno con tutto quello che contiene, assieme alla luce emessa da due proiettori che di riflesso andrà a illuminare i tratti dei Sette dormienti. All’esterno e al centro del giardino sarà installata una Mongolfiera fatta di soli raggi sottili: la struttura si specchierà col suo doppio luminoso proiettato sulla parete della Limonaia per apparire in movimento rotatorio, mentre nel vano della porta sarà sospesa la ‘mandorla’ mistica dell’ Immacolata concezione, una delle ultime invenzioni dell’artista: un ovale di ceramica e resina dipinto a foglia d’oro con incassato al centro un corpo solido, un ovoide, che allude al corpo materiale pregno di luce e sollevato in cielo come corpo astrale. La mandorla mistica, o Vesica Piscis, è il risultato dell’intersezione di due cerchi, ovvero dell’unione di due dimensioni come quella del cielo e della terra, del divino e dell’umano, del maschile e del femminile, del piano materiale e di quello spirituale. Con questo significato la mandorla mistica è stata sempre associata a Cristo Re o Cristo Pantocratore e in molti casi della pittura e decorazione sacra alla Madonna in Maestà.

“L’opera d’arte – come sostiene Bagnoli – è sempre un miracolo, perché essa avviene nel mondo e per il mondo, ed essa si fa nonostante ciò che esiste nel mondo, guerre, pestilenze, persecuzioni, invasioni, intolleranze, rivalità, musei, fastidio d’insetti, calura e siccità, gelo, mercato e critici d’arte, tirannie, mecenati, pop art, performance, ismi, plagi, grandezze e miserie. L’opera d’arte avviene nel vuoto, e in questo avvenire compie, per eccesso, l’offerta di sé, essa è allora ‘agape’, raccoglie in sé il mondo nel vuoto del suo rappresentarsi, si riempie del mondo. Facendola, l’artista si abbandona all’opera e l’opera lo abbandona”.

Immagini di ombre e di luce si sdoppieranno e ripeteranno, in un gioco ipnotico di fissità e movimento, al centro del quale apparirà l’Araba Fenice, la sagoma di una mitica figura che qui viene costruita nel vuoto generato dall’assemblarsi di ben tre sculture. Figura del nascere e rinascere, dell’apparenza effimera e della forma eterna, l’Araba Fenice risulta citata per la prima volta da Erodoto nelle sue celebri Storie. Altri preziosi dettagli sono aggiunti da Ovidio nelle Metamorfosi. Anche Dante evoca la Fenice, che viene ricordata nella Divina Commedia, nel XXIV canto dell’Inferno: “che la fenice more e poi rinasce, quando al cinquecentesimo appressa erba né biada in sua vita non pasce, ma sol d’incenso lacrima e d’amomo, e nardo e mirra son l’ultime fasce”. Fin dal Medioevo la Fenice è stata interpretata anche come simbolo della morte e resurrezione di Cristo. Mentre per gli alchimisti, la mitica figura veniva associata alla rinascita spirituale e alla Trasmutazione Alchemica, infatti “Fenice” era il nome dato dagli alchimisti alla pietra filosofale. Qualcosa di simile si trova anche nella cultura e nella religione Indiana dove il dio Garuda ha le stesse caratteristiche della Fenice.

Durante la sua carriera Marco Bagnoli si è creato un suo originale percorso realizzando installazioni site specific in luoghi di eccezionale valore artistico e architettonico, religioso e spirituale, come la Cappella dei Pazzi a Firenze, la Villa Medicea dei Cento Camini ad Artimino, la Sala Ottagonale della Fortezza da Basso di Firenze, la Chiesa di San Miniato al Monte e le sale del Palazzo Pubblico di Siena. Le sue opere si trovano in importanti collezioni internazionali e installazioni permanenti gli sono state commissionate da istituzioni pubbliche e mecenati privati.

Per l’occasione della mostra alla Limonaia Grande del Giardino di Boboli, sarà realizzato un libro d’artista, Marco Bagnoli. La ruota del tempo, edito da Maschietto Editore, e successivamente un volume che documenterà l’esposizione.