Dialogo nella palude di Marguerite Yourcenar,
opera scenica,
regia di Giuliano Lenzi, ouverture di Michael Galasso.
Veduta della scena.
Acqua Borra, Siena 1999.
“Nel 1999, alle soglie del XXI secolo, Marco Bagnoli ha installato all’Acqua Borra, vicino a Siena, Opera scenica, che in parte si è presentata come opera d’arte a sé stante, e in parte è servita come sfondo scenografico alla messa in scena della pièce di Marguerite Yourcenar Dialogo nella Palude sulla vicenda tragica della Pia de’ Tolomei. Lo spettacolo iniziava con una ouverture in cui Michael Galasso eseguiva una sua composizione musicale, mentre due personaggi scendevano il crinale della collina illuminati alle spalle da un grande fuoco che divampava in lontananza. In quel momento di sospensione, tra la fine dell’attesa per l’inizio della rappresentazione e prima dell’azione scenica vera e propria, l’installazione di Marco Bagnoli svelava al pubblico la natura, propria della installazione in genere, di non essere pienamente né opera d’arte né teatro, ma qualcosa d’intermedio tra l’uno e l’altro, la dimostrazione del “palcoscenico illuminato”, di cui parla Roland Barthes in Sade, Fourier, Loyola.”
Fulvio Salvadori, Opere scelte 1975-2006, in: cat. Marco Bagnoli, 2007, p. 103.
“Per la rappresentazione fu scelto un contesto del tutto atipico e mai prima d’allora utilizzato per avvenimenti culturali; l’Acqua Borra, una suggestiva sorgente termale, conosciuta fin dall’antichità ma sempre rimasta, come in origine, priva di ogni struttura tecnica e d’accoglienza, segnata da un campo spoglio e lunare su cui corre, lento e irrefrenabile, il rivolo fumante dell’acqua, rimanendo poi questi nascosti al mondo da una scarpata scoscesa di calcare, cresciuta nell’accumulo secolare dei cascami della sorgente. Ad animare la scena fu chiamato Marco Bagnoli che, misura ispirata ed elegante, arricchì quello spazio assurdo e irreale, ai limiti del metafisico, con una folta siepe di canne d’argento piantate sul suolo [poste a quinconce] e con una cascata di gocce di cristallo che [irroridivano], come lacrime di rugiada, la vecchia pietra spalmata placidamente, strato su strato, dalla paziente forza del tempo ma violata nel senso verticale da un acutissimo taglio. Come il compositore traccia lievi segni di nota che danzano appoggiati alle righe sottili della pagina ariosa del pentagramma, Bagnoli punteggiò quell’acqua e quella terra di rari ma incisivi e preziosi segni, tali da non turbare per nulla l’ancestrale serenità di un luogo senza tempo, ma adornandolo sublimemente nell’occasione in cui si scuoteva dal suo sonnolento torpore per prestarsi a un avvenimento che doveva riuscire indimenticabile.”
Mauro Civai, s.t., (giugno 2007), in: cat. Marco Bagnoli, 2007, pp. 103-104.
“[…] Questo processo metamorfico costituisce il senso del lavoro di Marco Bagnoli, un lavoro segnato dall’ampiezza dei riferimenti culturali che lo ispirano, tra le relazioni che crea tra i vari domini dell’arte, dalla tensione verso una ideale ars una difficilmente classificabile secondo le categorie tradizionali. Ne consegue un problema di ordine terminologico che travalica il puro aspetto formale-nominalistico e condiziona profondamente il senso stesso dell’azione artistica. Da qui la proposta dello stesso Bagnoli di adottare la definizione Opera Scenica che, seppure connotata storicamente, meglio di ogni altra si presta ad assumere nuovi significati e a indicare nuove prospettive di ricerca. Tale definizione, infatti, rimanda a due ambiti densi di significative implicazioni: “Opera”, intesa come opus, come risultato di un lavoro e di un processo artistico e “Scena”, cioè lo spazio abitato dall’opera. L’Opera, in quanto scenica, stabilisce una serie di nessi con una dimensione teatrale che travalica la pura spettacolarità e instaura particolari rapporti dinamici con la luce, il suono, la scrittura, i simboli, il tempo; l’Opera, inoltre, interagisce con lo spazio che l’accoglie, ne modifica le funzioni e lo trasforma secondo un preciso disegno drammaturgico. […]
L’Opera è costituita da segni, simboli, forme, materiali, immagini, testi, suoni, che, come “ombre delle idee”, creano una serie di collegamenti tra la fisica del reale e la metafisica dei principi primari.
Anche la Scena può travalicare i limiti di uno spazio fisico circoscritto e sconfinare in dimensioni astratte e puramente ideali. Esiste una tradizione culturale che ha fatto del teatro un uso particolare, interpretandone funzioni e modalità al di fuori dei canonici modelli rappresentativi. Il riferimento a tale contesto potrà forse essere utile per rintracciare, in una serie di esperienze artistiche ispirate a particolari correnti di pensiero, il senso profondo che la definizione Opera Scenica può assumere nella realtà artistica contemporanea, in una prospettiva di sincretismo artistico-culturale che riapre i confini del tempo e dello spazio, riallacciando saldi legami con antiche tradizioni, con modi diversi di conoscere il mondo, di rappresentarlo e di rapportarsi con esso.
Ecco dunque il legame con il teatro delle Idee, della Memoria, delle Filosofie, espressione di un pensiero civilmente condiviso e “teatralmente” manifestato su inusuali palcoscenici: la Scena è la mente, le Opere sono le Idee, i segni sono Immagini simboliche, Forme, Parole, Suoni, Ombre e Luci; Teatro inteso non solo come luogo per la rappresentazione di una vicenda, ma anche come spazio mentale per la manifestazione dell’Universo: Teatro del Mondo e Teatro per il Mondo.”
Alessandro Magini, Opera Scenica, in: Opera unica / Marco Bagnoli, 2016, pp. 4-9.
L’Opera Scenica, secondo la particolare visione di Marco Bagnoli: «produce un effetto scenico che dispone la mente a osservarsi e quindi diviene comprensibile da qualunque approccio. È un ingresso sulla scena del pubblico. Ma non è un ingresso forzato come in certo teatro d’avanguardia. E’ pura meraviglia. L’opera sulla scena risplende è vibrante e viva. E richiama all’Aperto. L’osservatore non scende nel chiuso della scena, ma sale all’aperto creato dalla luce e dal mistero dell’opera. Ecco, è un teatro scolpito. E nel nostro atelier di architettura scolpita si è creato un anello continuo che attraversa e circonda. Per questo parla a tutti, dal sapiente all’ignorante. Ed è statua vivente e parlante».
Marco Bagnoli, inedito, 2017.