Ascolta il flauto di rosa, 1985,
ottone dipinto,
cm 490 x 5⌀.
Fotografia di Fulvio Salvadori.
“[…] La Canna, che ha fatto la sua prima apparizione a Sonsbeek nel 1986 in un intervento dal titolo Ascolta il flauto di [r]osa, diventa la traduzione tridimensionale della banda rossa; come questa afferma il proprio specifico di ideogramma e di immagine votiva, quella dichiara la propria natura di strumento di misurazione, ma anche di segno di conquista e di impossessamento del luogo, dunque di stabilità. Nella sua vuotezza di flauto, la canna è però anche il pneuma, l’anima, il contenitore del soffio vitalizzante. La sua origine vegetale allude ad un processo di germinazione, quasi un avvertimento, un annuncio che qualcosa sta per nascere, o rinascere.”
Giuliano Serafini, in: cat. Marco Bagnoli. Figure di parola, 1996 , pp. 37-38.
Il titolo deriva dal proemio del Masnavī-yi Maʿnavī di Jalal Al-Din Rumi. Rumi, il poeta persiano, fondatore dell’ordine dei Dervisci, attribuiva alla danza il potere di raggiungere stati di meditazione profonda, e le musiche di accompagnamento di queste danze si avvalevano principalmente del flauto di canna. Rumi racconta che il profeta Maometto, nello svelare al genero Alī alcune verità esoteriche ed entrato in estasi, aveva fatto cadere la propria saliva nell’acqua del pozzo. Dopo poco tempo da quel pozzo era nata una canna, un pastore l’aveva tagliata, e vi aveva dei buchi, e con quella aveva cominciato a suonare delle melodie che avevano avuto l’effetto di estasiare grandi folle. Maometto uditele le aveva definite il commento dei misteri, che lui stesso aveva comunicato ad Alī in segreto.
Il proemio di Rumi inizia con questi versi:
“Ascoltate il flauto di canna che si lamenta della
separazione
e racconta la sua storia:
Sono stato tagliato dal canneto e il mio lamento
fa gemere uomo e donna.
Voglio un cuore straziato dalla separazione per
versarvi il dolore del desiderio.
Chiunque sia stato tagliato dalla sua fonte aspira
all’istante della riunione.
Mi sono lamentato in compagnia, insieme a chi
esulta
e a chi piange.
Ognuno ha compianto il mio cuore, ma nessuno si
è dato pena dei miei segreti.
Ma il mio segreto non è lontano dal mio
lamento, anche se l’orecchio e l’occhio non lo
percepiscono.
Il corpo non è velo dell’anima, né l’anima del
corpo; tuttavia nessuno può vedere l’anima.
Il suono del flauto è fuoco, non è vento: nulla
diventa chi non ha di questa fiamma!
E il fuoco dell’amore è nel canneto; l’ardore
dell’amore fa bollire il vino.
Il flauto è il confidente di chi è separato
dall’Amico; i suoi accenti strappano i nostri veli.”
Antologia / delle traduzioni di Fulvio Salvadori, copia unica per Marco Bagnoli, Fulvio Salvadori 22.07.96, p. 10.
Ascolta il flauto di canna, 1975-1986, la versione delle medesime dimensioni in alluminio, successiva a Ascolta il flauto di rosa, è esposta in Apertura Atelier Marco Bagnoli, Montelupo Fiorentino, dal 5 maggio 2017.