QuincunX, 1997,
pigmento in gocce su carta,
cm 93,5 x 93,5.
Fotografia di Attilio Maranzano.
Marco Bagnoli realizza un disegno composto da 72 gocce di pigmento blu e rosso in una struttura a quinconce. Terminato il disegno, con le le gocce di pigmento ancora fresche, Attilio Maranzano lo fotografa cogliendo così il momento transeunte fra l’atto dell’artista e la definizione permanente del disegno su carta.
La struttura a quinconce è una delle articolazioni formali fondamentali nell’opera di Marco Bagnoli.
“Il quinconce è misura romana pari a cinque dodicesimi di una unità (asse, e quindi libbra, iugero, ecc.) e allo stesso tempo indica una disposizione degli alberi tipica delle piantagioni romane, atta a dare alle piante la maggiore esposizione alla luce: quattro alle quattro estremità di un quadrangolo virtuale e uno nel mezzo. Ne accenna Cicerone nel Cato Maior de senectude (44 a.C.) attribuendo questa disposizione al giardino di Sardi piantato da Ciro il Giovane, sulla scorta di un passo dell’ Economico di Senofonte, in cui evidentemente i quinconce non appaiono. L’errore è ripreso e ripetuto in epoca moderna da sir Thomas Brown in The Garden of Cyrus (1658), i cui sottotitoli suonano the Quincuncial Lozenge, or Net-work Plantations of the Ancients, Artificially, Naturally, Mystically Considered. Ed è il Brown a discutere sulla natura mistico-magica della figura del quinconce: V (cinque), di cui una capovolta, connesse al vertice dell’angolo che danno luogo alla X (10). Il Brown attribuisce questa figura come, decussazione enfatica, all’arte muraria e al design romano, alla struttura interna del corpo umano, all’ermafrodito platonico, al funzionamento della vista, alla cicogna mistica degli egizi, alla descrizione del rapporto fra anima, mondo e uomo nella filosofia platonica, alle valenze numerologiche di ebrei e romani […]
Il ricorso di Bagnoli a questa disposizione segue la tradizione qui delineata, ma al tempo stesso si prospetta come modello di una continua espansione: ciascuno dei quattro punti di un quinconce può virtualmente diventare il punto centrale di un ulteriore quinconce, all’infinito.
Infine il quinconce in forma di X è, nel caso particolare di Bagnoli il segno per di congiunzione di spazio e tempo nella proposizione SPAZIO X TEMPO e nel monogramma da questa derivato IO X TE.”
Pier Luigi Tazzi, Marco Bagnoli, l’artista e un’opera, 1998, ora in: cat. Marco Bagnoli. Oltre il passo, 2002, p. 34.
QuincunX è in Apertura Atelier Marco Bagnoli, Montelupo Fiorentino, dal 5 maggio 2017.