Rotazione apparente,
veduta della mostra.
Civico Planetario Ulrico Hoepli, Milano 2011.
Si tratta di un’Opera scenica realizzata appositamente per il Planetario di Milano: voce recintate, musica che accompagna la visione, suoni. In questo caso più una fonte che invita a costruire una propria visione piuttosto che a offrire uno spettacolo. Il Planetario si offre a una molteplicità di effetti visionari in cui suono, luce e ombra, simboli e miti, concorrono a creare una struttura allo stesso tempo luminosa e plastica, in cui domina il principio dell’ombra. Fra le molte figure che appaiono si distingue quello che l’artista chiama il gioiello, la proiezione luminosa di un intreccio di canne che resta in una propria posizione “zenitale quale centro del cono precessionale”.
“Individuazione di uno spazio radiante, [… è] qualcosa di spostato rispetto a un centro. […] Al planetario siamo perfettamente nel buio, nei primi minuti c’è soltanto una voce, quindi solo buio, e qui già l’occhio deve abituarsi all’oscurità. Poi appaiono le stelle, il canto delle rane, poi l’illuminazione delle sculture che porta verso il gioiello e la sua ombra proiettata sulla volta. Tutto ciò avviene in una sequenza e non c’è altra possibilità. La sequenza è suono e il suono è la musica stessa, perché la natura della musica è fatta di suono e dunque di tempo, mentre la scultura, l’arte figurativa è fatta di spazio. […] Un processo irreversibile verso una non oggettività.”
Marco Bagnoli in: Flavio Fusi Pecci, Leonidi, in: Opera scenica di Marco Bagnoli / Rotazione Apparente / 21 minuti al Planetario per lo sciame delle Leonidi, 2012, pp. 41-43.